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Senza crescita culturale non c’è crescita economica e sociale

La futura crescita del Meridione è strettamente legata a quella culturale dell’intera popolazione italiana. Purtroppo il livello culturale della nostra classe politica (in ambito nazionale, regionale e locale) degli ultimi decenni non ha certo contribuito alla valorizzazione del capitale umano e del patrimonio storico, architettonico, artistico, ambientale del nostro Paese. Questo perché spesso i partiti politici erano intenti a scontrarsi tra loro invece di impegnarsi nella soluzione dei problemi riguardanti i cittadini. Non a caso di recente lo stesso presidente della Repubblica, Napolitano, ha richiamato la classe politica del nostro Paese a “risollevarsi dall’impoverimento culturale che ne ha segnato l’attuale decadenza”. Negli ultimi 50 anni nelle regioni del Sud Italia sono state spese notevoli somme di denaro per costruire industrie “fantasma” che hanno favorito grandi gruppi del Nord e internazionali, in una logica di politica clientelare, mentre poco è stato fatto per sviluppare una nuova concezione culturale (umanistica, scientifica, tecnica, economica, ecc.) finalizzata alla crescita di tutta la società. Nonostante ciò non pochi giovani meridionali si sono formati egregiamente nelle scuole superiori e nelle Università anche se spesso sono andati a “fruttificare” al Nord e all’estero, mentre molti laureati e diplomatici rimasti al Sud non sono stati messi nella condizione di contribuire a creare ricchezza valorizzando le tante risorse presenti nel territorio (agricoltura, turismo, fonti energetiche rinnovabili, patrimonio forestale ed ambientale, ecc.), per cui non pochi hanno cercato “un posto“ in enti statali o locali, dopo aver trovato la … “giusta raccomandazione”. Parlando del Sud non si possono ignorare le difficoltà che a volte le imprese incontrano nello svolgimento delle attività economiche a causa delle organizzazioni  malavitose, ma più spesso gli ostacoli maggiori vengono creati da una parte dell’apparato burocratico, quella più arretrata e non collaborativa con gli imprenditori e con i cittadini in generale. Per contrastare i fenomeni mafiosi non servono molte forze di polizia ma occorrono mirati interventi economici, e soprattutto servono formatori capaci di diffondere conoscenza e competenza non solo in campo economico, ma anche in quello etico e morale in modo da rafforzare nelle coscienze il senso religioso dell’esistenza, indispensabile per avere dei punti di riferimento certi che aiutino a non smarrirsi nel cammino della vita. Purtroppo spesso si cerca di far passare per iniziative culturali e formative, manifestazioni scadenti nel nome della libertà di espressione. La libertà è bella solo quando non si trasforma in libertinaggio, in caos e in anarchia. Fortunatamente in Italia esistono intelligenze e tradizioni culturali che hanno profonde radici, comuni a quelle del mondo mediterraneo, e che al Sud si presentano con delle caratteristiche più marcate, come amore per la giustizia, per la famiglia, per l’amicizia,  per il lavoro e desiderio di avere uno Stato amico di ogni cittadino, che non sia solo un padrone fiscale e repressivo. La “grande mafia”, che opprime, impunemente e spadroneggia, va cercata in “altri luoghi”, specie in quelli internazionali, dove una decina di gruppi costituiti da speculatori finanziari e bancari detengono nelle loro mani il 95% del potere economico del mondo e fanno il bello ed il cattivo tempo per quanto riguarda la politica e la guerra in ogni angolo della terra, mentre sembra che alcuni Governi nazionali, compreso il nostro, non si rendano sufficientemente conto della gravità quanto stia avvenendo. E’ indispensabile che tutte le persone di “buona volontà” si convincano, come ricorda spesso Benedetto XVI, della “necessità di educare i giovani alla giustizia e alla pace per costruire un futuro migliore per il bene comune di tutta la famiglia umana”.

Bruno Latella
Presidente onorario di Unimpresa

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