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Sant’Antonio protettore dei lavoratori della terra

L’oggi sembra bruciare la cronaca lasciandone cadere le ceneri al suolo. Il susseguirsi di fatti cruenti, violenti, vigliacchi, che si sovrappongono al nostro affannoso cammino quotidiano sembrano intaccare anche le certezze della nostra millenaria civiltà.
Ancora abbiamo vive le immagini dei terroristi islamici a Parigi e il crepitare dei kalashnikov e lo scorrere nitido dei cortometraggi delle bimbe nigeriane che vengono immolate in nome di una guerra di “religione”. In mezzo mondo lo scontro tra culture, luoghi, sembra allargasi inesorabilmente. Figlio di un peccato senza remissione i Cristiani subiscono persecuzioni e soprusi. Sono talmente diffuse le persecuzioni e gli scontri fra “civiltà” (termine forse improprio) che fatichiamo a ricordare quelle perpetrate contro i copti cattolici egiziani, pur richiamati da Papa Francesco.
Proprio in quel cuore dell’ISLAM patria e rifugio del neonato Gesù, nei dintorni del 250 è nato Sant Antonio Abate, Padre del monachesimo e degli eremiti. Ispiratore della preghiera delle preghiere la Filocalia. Preghiera tanto essenziale da innalzarsi non più alta delle altre ma che giunge diretta all’orecchio di Dio. Nei secoli Sant’Antonio è diventato protettore dei lavoratori della terra, dei seppellitori, dei vigili del fuoco, degli animali, degli strumenti del lavoro dei campi.
Oggi, fra il sangue ancor caldo di innocenze colpite per il loro credo e il loro pensiero, ne recupero la celebrazione del 17 gennaio quale patrono delle “famiglie che lavorano la terra” perché diventata tradizione di profonda fede cristiana.
Recupero la protezione di Sant’Antonio non per quel significato che assume nella Sua collocazione celebrativa prevista dal calendario liturgico, o per questo Suo introdurci nella nuova annata agraria, ma per quel Suo percorso di santità che ne fa il protettore dell’agricoltura mondiale e quindi anche del grande evento che aprirà i propri battenti il 1 maggio 2015: EXPO 2015.
Lo slogan di EXPO 2015, “Nutrire il pianeta energia per la vita” trova nell’orto che Sant’ Antonio coltivò ormai vecchio nel deserto di Tebaide, il suo “senso” più vero, più grande, più alto, più T (tau).
L’orto era piccolo eppure serviva a sostenere quanti lo andavano a trovare per ritrovarsi e ricominciare la ricerca della perfezione.
Per l’Italia, per il mondo, fra sangue e sofferenze …indifferenza e superficialità …. Sussistenza e sviluppo …scorciatoie e approssimazioni .. isolamento e arroganza … eppure ancora aperti al cuore di. “…un uomo che ti incontra e non si riconosce nell’odio e nelle solitudini e ogni terra si accende e si arrende alla pace, a quella pace che non è di nessuno perché è di tutti”, EXPO è una grande occasione per spalancare le porte ad una nuova speranza. Una speranza che non è solo cibo, alimentazione, qualità della vita, energia delle civiltà. Una speranza che nel “coltivare” la madre terra riscopre il legame indissolubile che ha con l’uomo di ogni fede e di ogni cultura. Legame che esige rispetto, rispetto della dignità umana, che richiede e rivendica la dignità del lavoro e della vita, che nella lettura serena e severa degli errori, e degli orrori della storia e delle conquiste del nostra civiltà può trovare un sicuro approdo che non porti l’orologio della storia indietro. Che sa coltivare la sacralità della vita, contrastando e combattendo ogni violenza e ogni sopraffazione.
Ed anche se la nostra agricoltura si trova nel bel mezzo di difficoltà provocate da tensioni internazionali (embarghi vari), da una PAC che prevede profondi tagli e da politiche europee e nazionali in ritardo nel riconoscere le qualità e la sicurezza dei prodotti agricoli dobbiamo chiederci:
“Ci sarà un’occasione migliore per celebrare Sant’Antonio?
Ci sarà un’occasione migliore affinché le famiglie rurali sappiamo nei sentieri costretti in un palmo di mano riproporre l’intimo sentimento del valore di un lavoro che nasce dalla nostra terra per diventare universale, cioè della “Terra”, del mondo?.
Ci sarà un tempo migliore per superare le regole di un’economia che è chiamata a riappropriarsi di un’anima?
Ci sarà un’occasione migliore perché la “terra” respinga con ogni forza le falsità di credo che non sanno incarnarsi nel “senso” della fede, di ogni fede”.
Sentendo rieccheggiare le parole di Papa Francesco: “Dobbiamo essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza … ma soprattutto devono essere pronti .. ad imparare a vivere come un’unica famiglia”; e guardando a Sant Antonio e alla Sua straordinaria esperienza, al suo legame al silenzio della sabbia dei deserti e della terra coltivata, sono certo che ritroveremo tutte le risposte che siamo chiamati a cercare insistentemente.

Mario Braga, presidente Unimpresa Agricoltura

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