In Italia i tempi medi di arrivo dei soccorsi delle ambulanze vanno da 8 a 12 minuti, con la sopravvivenza in arresto cardiaco che cala del 7-10% per ogni minuto di ritardo.
«Il Codice della strada riconosce la deroga ai limiti di velocità per i mezzi di soccorso: serve aggiornare i sistemi di controllo, come già avviene in Germania e Francia, per evitare paradossi che mettono a rischio vite umane. Sanzionare un’ambulanza impegnata in un intervento in codice rosso è un paradosso che mette a rischio l’intero sistema di emergenza sanitaria e, soprattutto, la vita dei pazienti. Il principio è semplice e non ammette equivoci: la velocità è parte integrante del soccorso. Ogni minuto perso, ogni rallentamento burocratico o amministrativo, può tradursi in conseguenze drammatiche per chi lotta tra la vita e la morte. Il codice rosso non è un’astrazione, ma un’emergenza reale che richiede prontezza e rapidità assoluta di intervento».
Lo dichiara il presidente di Unimpresa Federambulanze, Flavio Ronzi, commentando il caso accaduto nei giorni scorsi a Bergamo, dove un mezzo di soccorso della Croce Verde è stato multato da un autovelox mentre trasportava un paziente in gravi condizioni.
«Chiediamo, quindi, che le autorità competenti intervengano per correggere questa distorsione normativa: Gli strumenti automatici di controllo del traffico non possono trattare i mezzi di soccorso come veicoli ordinari. Servono protocolli chiari e automatismi che distinguano le situazioni di emergenza, evitando che chi salva vite venga ostacolato o addirittura penalizzato. Non è in discussione il rispetto del Codice della strada, ma la sua applicazione deve tener conto della priorità assoluta che la società attribuisce al diritto alla salute e al salvataggio delle vite umane. La velocità, nei casi di emergenza, non è una violazione: è un dovere» spiega il presidente di Unimpresa Federambulanze.
Il caso di Bergamo, con un’ambulanza multata da un autovelox mentre correva per un intervento in codice rosso, non è soltanto un paradosso burocratico: mette in luce una questione più ampia, che riguarda l’efficienza e la sicurezza del sistema di emergenza. I numeri aiutano a comprendere perché la velocità, in certi casi, non è una violazione ma un elemento imprescindibile di salvezza.
In Italia, i tempi medi di intervento delle ambulanze oscillano tra gli 8 e i 12 minuti nei centri urbani, e possono superare i 20 minuti nelle aree rurali. Ogni minuto guadagnato può fare la differenza: la letteratura scientifica è unanime nel sottolineare che, in caso di arresto cardiaco, la probabilità di sopravvivenza cala dal 7% al 10% per ogni minuto di ritardo nella defibrillazione.
Allo stesso modo, per i traumi gravi, la cosiddetta golden hour rappresenta una soglia decisiva: se il paziente arriva in ospedale entro i primi sessanta minuti, le possibilità di vita e di recupero si moltiplicano. È lo stesso Codice della strada, all’articolo 177, a riconoscere ai mezzi di soccorso il diritto di derogare ai limiti di velocità quando le sirene e i lampeggianti sono attivi.
Questo principio è chiaro: la rapidità di intervento è parte integrante del servizio sanitario di emergenza. Ma le regole, quando applicate in modo cieco e automatico dagli autovelox, finiscono per entrare in contraddizione con lo spirito stesso della legge. Il confronto internazionale rende ancora più evidente la necessità di aggiornare i sistemi.
In Germania e in Francia, per esempio, le apparecchiature di rilevamento escludono automaticamente le ambulanze dai verbali, grazie a sistemi di riconoscimento che distinguono i veicoli di emergenza. In Gran Bretagna lo standard di risposta per le chiamate “life threatening” è di 8 minuti; negli Stati Uniti, il tempo medio di arrivo per un codice rosso è di 7-8 minuti.
Non va dimenticato, infine, il costo sociale delle inefficienze. In Italia, il peso economico degli incidenti stradali si aggira intorno ai 16 miliardi di euro l’anno. Parte di questo costo è legato a ritardi nei soccorsi e a cure tardive. Se consideriamo che le ambulanze effettuano oltre 5 milioni di interventi all’anno, anche un piccolo numero di ostacoli burocratici o multe ingiuste può tradursi in migliaia di casi in cui la tempestività è compromessa.
I dati dimostrano dunque che la velocità, in emergenza, non è un abuso ma un dovere: un elemento salvavita che deve essere protetto e garantito. Trattare le ambulanze come comuni veicoli, ignorando la specificità della loro missione, significa non solo mettere a rischio vite umane ma anche generare un danno economico e sociale. La tecnologia, le norme e il buon senso devono marciare insieme, evitando che chi salva vite venga ostacolato da una burocrazia cieca.
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