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La pensione basterà per vivere?

di Giuseppe Fortunato

Le pensioni degli italiani sono circa 18 milioni e valgono circa 204 miliardi (Fonte Inps 2019).

Di questi, circa 14 milioni di pensionati hanno una pensione frutto del lavoro cioè derivante da contributi previdenziali versati durante la vita lavorativa, la restante parte, circa 4 milioni, sono prestazioni assistenziali, invalidità civili, pensioni e assegni sociali.

Queste negli ultimi 15 anni sono passate dal 38% di nuove liquidazioni nell’anno, al 50% delle pensioni nuove liquidate nell’ultimo anno (dato anno 2018).

Sui quasi 18 milioni di pensioni vigenti, risulta che circa 13 milioni sono inferiori a 1.000 euro al mese, addirittura il 61,3% delle pensioni ha un importo inferiore a 750 euro: una percentuale che per le donne è addirittura del 74,5%.

Delle circa 11 milioni di pensioni con importo inferiore a 750 euro, il 44% (4.797.442) beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi, quali integrazione al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile.

L’importo medio mensile di una pensione di vecchiaia in Italia è di circa 1.200 euro e presenta il valore più elevato nel settentrione con 1.283,52 euro.

Gli uomini percepiscono pensioni mediamente più elevate rispetto alle donne, arrivando ad essere quasi il doppio (+90,5%) nel settentrione per la categoria vecchiaia.

Percepiscono, invece, una pensione media di 495 euro al mese i circa 2,8 milioni di invalidi civili iscritti all’Inps.

Per quanto riguarda la composizione dell’importo, il numero è di 582.730 sole pensioni (con un importo di 293,77 euro), 1.764.164 sole indennità (per 493,66 euro) e 397.094 pensioni e indennità di accompagnamento insieme (896,73 euro), per un totale complessivo di 2.743.988 invalidi civili.

L’importo medio mensile è quindi di 495,07 euro.

Se si guarda poi alla distribuzione territoriale degli importi erogati dall’Inps, emerge che il 55,2% delle somme stanziate a inizio anno sono destinate all’Italia settentrionale (per la categoria Vecchiaia la percentuale passa al 60,3%), il 24,5% all’Italia meridionale e le Isole (per la categoria Pensioni e assegni sociali la percentuale passa al 54,2%), il 19,7% all’Italia centrale ed infine lo 0,6% a soggetti residenti all’estero.

Tutta questa premessa per evidenziare cosa? E’ possibile per un invalido o un pensionato in gene vivere con una pensione media di 500,00 euro? che molto spesso scende a 298,00 euro al mese (per gli invalidi)? E’ che dopo anni di lavoro (oggi ne servono 42) si possa avere una pensione media di 1.200,00 euro al mese, se si è fortunati o si è più anziani?

Il problema sarà per le generazioni future, i “giovani”, cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dal 1996 prenderanno (se ci riusciranno), una pensione media, a fine attività lavorativa, con un buon numero di anni di lavoro (+ di 35) e quasi 70 anni di età, meno di 900,00 euro al mese, cioè in media più del 30% in meno di quelli di oggi, con meno contributi (questo accade perché la maggior parte dei giovani si troverà in questa condizione, trovando lavoro in tarda età) e si andrà da male in peggio perché la pensione media scenderà molto al disotto di quella attuale pari a 750 euro.

Tutto ciò a mio avviso, potrebbe essere sicuramente più democratico: “quanto versi, tanto ti spetta”!

Dopo più di 42 anni di lavoro (se ci riesco), oppure a quasi 70 anni (se ci arrivo!) ma avrebbe senso se fosse abbassato anche il costo del lavoro, perché se assumere un giovane costasse meno, così da permettergli di guadagnare di più, potrebbe integrarsi la pensione per avere in futuro una vecchiaia un po’ più dignitosa.

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