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Crisi. Unimpresa, 9,2 milioni in difficoltà, ma area disagio sociale cala (-0,8%)

Per la prima volta negli ultimi anni si riduce il numero delle persone che non ce la fa. Ma resta ampia la mappa degli italiani che fanno i conti con l’assenza di posti di lavoro: si è ridotta dello 0,8% dal 2014 al 2015: nel bacino dei deboli 71mila persone in meno. Il presidente Longobardi: “Più attenzione alle famiglie; dato positivo, ma restano pericoli per i consumi”.

Si riduce per la prima volta negli ultimi anni l’area di disagio sociale: cala, di poco, il numero degli italiani che non ce la fa. Ma complessivamente restano oltre quota 9 milioni le persone in difficoltà in Italia: si tratta dei “semplici” disoccupati a cui vanno sommate ampie fasce di lavoratori, con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. L’area di disagio è ancora vasta: ai 3,3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (672mila persone) sia quelli a orario pieno (1,47 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (834mila), i collaboratori (373mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,5 milioni). Questo gruppo di persone occupate – ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute – ammonta complessivamente a 5,9 milioni di unità. Il totale dell’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, oggi comprende dunque 9,24 milioni di persone.

Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’allargamento progressivo del bacino dei “deboli” nel periodo di crisi. Il dato sui 9,21 milioni di persone è relativo al primo trimestre del 2015 e complessivamente risulta in lievissimo calo dello 0,8% rispetto al primo trimestre del 2015, quando l’asticella era salita a 9,31 milioni di unità: in un anno quindi 71mila persone sono uscite nell’area di disagio sociale.

Nel primo trimestre dello scorso anno i disoccupati erano in totale 3,44 milioni: 1,87 milioni di ex occupati, 615mila ex inattivi e 954mila in cerca di prima occupazione. A marzo 2015 i disoccupati risultano in calo del 4,2% rispetto all’anno precedente (-145mila persone). In calo di 85mila unità gli ex occupati da 1,87 milioni a 1,79 milioni (-4,5%). Diminuiscono anche le persone in cerca di prima occupazione, in discesa di 95mila unità da 954mila a 859mila (-10%). In crescita, invece, gli inattivi: +35mila unità (+5,7%) da 615mila a 650mila.

E’ invece in aumento il dato degli occupati in difficoltà: erano 5,8 milioni a marzo 2014 e sono risultati 65,9 milioni a marzo scorso in salita di 74mila unità (+1,3%). Una crescita dell’area di difficoltà che rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione, complice anche uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono aumentati di 27mila unità da 645mila a 672mila (+4,2%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 44mila unità da 1,42 milioni a 1,47 milioni (+3,1%). Salgono anche i contratti di collaborazione (+2mila unità) da 371mila a 373mila (+0,5%). Risultano in aumento anche i contratti a tempo indeterminato part time (+0,7%) da 2,58 milioni a 2,58 milioni (+18mila). In lieve calo, invece, gli autonomi part time (-2,0%) da 851mila a 834mila (-17mila).

“Il governo di Matteo Renzi non ha preso le auspicate decisioni importanti: servono misure che consentano a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro e invece finora arrivati pochi fondi e mal distribuiti. I consumi sono in pericolo. Offriamo all’Esecutivo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese: il 2014 è stato durissimo e non possiamo permetterci un altro anno senza ripresa” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “C’è una piccola inversione di tendenza, ma se analizziamo a fondo i dati scopriamo che le sacche di disagio sono ancora enormi. Non c’è tempo da perdere”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del governo”.

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