Sono crollati di quasi 80 miliardi di euro i finanziamenti bancari alle imprese negli ultimi 8 anni con i crediti deteriorati cresciuti di 243 miliardi, mentre gli istituti, che hanno ricevuto 123 miliardi in più di liquidità dalla Bce, hanno incrementato gli acquisti di titoli di Stato di 240 miliardi. Lo stock di impieghi alle imprese è sceso da 869 miliardi a 791 miliardi (-9%), mentre le masse finanziare prelevate dagli istituti italiani dalla Banca centrale europea sono salite da 50 miliardi a 173 miliardi (+245%); contemporaneamente, nel portafoglio delle banche italiane i bot e i btp sono aumentati da 175 miliardi a 415 miliardi (+137%) e i crediti deteriorati degli istituti (prestiti non rimborsati regolarmente) sono saliti da 87 miliardi a 330 miliardi (+280%). Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa sulle banche italiane in 8 anni di crisi tra prestiti alle aziende e investimenti in debito pubblico. “Lo Stato salva le banche, con un fondo da 20 miliardi che potrebbe non bastare, ma non ci sono certezze sulla riapertura dei rubinetti dei finanziamenti: chi ci assicura che ripartiranno?” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci.
Secondo lo studio dell’associazione, che ha incrociato dati della Banca d’Italia e della Banca centrale europea, lo stock di prestiti alle aziende era a quota 869,4 miliardi nel 2008, a 864,7 miliardi nel 2012 e a 791,8 miliardi nel 2016: in otto anni è dunque diminuito di 77,6 miliardi (-8,93%). I crediti deteriorati sono saliti dagli 87,1 miliardi del 2008 ai 236,9 miliardi del 2012 fino ai 330,5 miliardi del 2016 con un incremento, in otto anni, di 243,4 miliardi (+279,45%); la parte più a rischio, ovvero le sofferenze, è passata dai 41,3 miliardi del 2008 ai 125 miliardi del 2012 ai 197,9 miliardi del 2016 con una variazione, in otto anni, di 156,6 miliardi (+379,18%).
Alle banche italiane non è mancato il sostegno della Banca centrale europea che ha progressivamente incrementato le erogazioni di liquidità, peraltro a tassi bassissimi se non addirittura negativi. Nel 2008 lo stock di moneta prelevato dagli istituti italiani all’Eurotower era a quota 50,3 miliardi, per poi salire a 271,8 miliardi nel 2012 e attestarsi a 173,9 miliardi nel 2016: tutto questo con una variazione positiva, in otto anni, di 123,6 miliardi (+245,73%). Una quantità di denaro che ha incrementato gli asset finanziari degli istituti: erano a quota 3.634,6 miliardi nel 2008, a 4.211 miliardi nel 2012 e a 3.978,4 miliardi nel 2016: in otto anni il portafoglio delle anche è salito di 343,8 miliardi (+9,46%), ma il denaro non è confluito alla cosiddetta economia reale. Sono infatti aumentati gli acquisti, da parte delle banche italiane, di obbligazioni emesse dal Tesoro: lo stock di bot e btp si attestava a 174,9 miliardi nel 2008, a 354,5 miliardi nel 2012 e a 415,2 miliardi nel 2016 con un incremento, in otto anni, di 240,3 miliardi (+137,39%).
“Le operazioni di politica monetaria, dunque, non hanno consentito al motore del credito di ripartire regolarmente e il malfunzionamento è segnalato sia dall’ammontare di bot e btp comprati dalle banche sia dall’andamento dei crediti deteriorati e delle sofferenze” commenta ancora Pucci.
Nel corso del periodo analizzato, le banche hanno comunque dato il via a una profonda e progressiva riorganizzazione del settore: gli istituti erano 799 nel 2008, 706 nel 2012 e 635 nel 2016: in otto anni, dunque, tra fusioni e concentrazioni varie, si è registrata una diminuzione di 164 banche (-20,35%). Anche la rete ha subito un ridimensionamento, con l’obiettivo di ridurre i costi operativi: gli sportelli erano 34.139 nel 2008, 32.881 nel 2012 e 29.511 nel 2016 con un calo di 4.628 unità (-13,65%).
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