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Stimoli irreali e business model social

Photo by Tracy Le Blanc: https://www.pexels.com/photo/person-holding-iphone-showing-social-networks-folder-607812/

di Marco Massarenti, Presidente Unimpresa Sport

La concentrazione mentale, ossia la capacità volontaria di fissare il pensiero su un’attività è un atto della mente che viene attuato secondo le direttive del soggetto e a differenza dell’attenzione che è un processo passivo della neurofisiologia del cervello, implica necessariamente la volontà.

Per eccellere nel lavoro, nello sport e peculiarmente nella vita è fondamentale riuscire a focalizzarsi su ciò che serve. Il focus è una delle capacità più richieste per indirizzare la nostra vita verso il raggiungimento dei nostri obiettivi, infatti, una delle più grandi cause del fallimento è la mancanza di esso.

Qualunque cosa siamo riusciti a realizzare e ci ha inorgogliti ha richiesto una copiosa quantità di attenzione sostenuta. Quando l’attenzione e la concentrazione sfumano con esse si dissipano anche le speranze di tener fede agli obiettivi prefissati. Riuscire ad ottenere buoni risultati scolastici e lavorativi, essere in grado di mettere in piedi realtà soddisfacenti, non può trascendere quindi, dall’avere un’appuntabile forza di concentrazione.

Oggigiorno però, il business model dei social sta creando sempre più un circolo vizioso e sta sviluppando una società di persone disattente e di conseguenza meno efficienti.

Come asserito dalla Dottoressa Anita Deaks, dal punto di vista scientifico il risultato ottenuto dall’uso dei video veloci prende il nome di teoria dei neuroni specchio, cellule nervose che si attivano quando si guarda qualcuno compiere un gesto, l’osservatore riceve quindi stimoli passivi e irreali ma ha la sensazione di essere il protagonista del video e fa persino esperienze di piacere.

L’uso spropositato dei social network risulta essere nocivo per lo sviluppo psico-sociale. Oltre a causare una minore capacità di attenzione prolungata, prerogativa necessaria per studiare e lavorare, condiziona anche il ritmo circadiano del sonno e produce effetti danneggianti al cervello riducendo la capacità di concentrazione e rallentando lo sviluppo cognitivo ed educativo. La carenza di sonno non è solo causa di calo di concentrazione ma è portatrice di problemi di salute fisici e mentali, lesioni e perdita di produttività.

Da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Pediatrics, è emerso che i bambini soliti guardare video molto rapidi e cartoni ad elevata attività conseguono risultati inferiori nei test rispetto ai bambini abituati a trascorre il tempo a guardare cartoni animati educativi o a disegnare.

Secondo una ricerca dell’Università di Glasgow sono emerse associazioni significative tra l’uso dei social media e l’inizio del sonno tardivo; poco sonno e una continua distrazione riducono la capacità di focus.

Uno studio svolto presso l’Università della Virginia mostra come una bambina di 4 anni che guardava video molto veloci ha sviluppato un handicap nella prontezza a imparare, inoltre la bambina aveva problemi di gratificazione e incapacità nel risolvere problemi. Tale effetto è così immediato all’uso dei social video che se vengono visionati prima di andare a scuola oltre a far aumentare i rischi di deficit dell’attenzione compromette i risultati scolastici nel corso della mattinata stessa. Studi emergenti suggeriscono che guardare video brevi e veloci rende più difficile per i bambini svolgere attività che non offrono una gratificazione immediata educandoli così alla continua insoddisfazione.

Un altro studio condotto da Orben, A., Przybylski, AK, Blakemore, SJ., svolto su 84.011 partecipanti tra i 10 e gli 80 anni mostra come la relazione tra l’uso dei social media e la soddisfazione di vita cambia durante lo sviluppo adolescenziale. L’uso dei social media ha abbassato il livello di soddisfazione per la vita, infatti, la gratificazione scende soprattutto intorno alla pubertà, poi intorno ai 19 anni mentre rimane alta tra gli adulti che in età adolescenziale hanno ricevuto stimoli diversi.

Per avere consapevolezza di quanto finora detto, citiamo uno studio del Massachusetts General Hospital di Boston secondo il quale la tendenza all’aumento del consumo dei media multitasking è strettamente proporzionata alla crescita dei tassi di ADHD.

I legami tra le diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività e il tempo trascorso sullo schermo potrebbero giustificare il costante aumento dei casi di deficit dell’attenzione e se pur alcuni di questi non corrispondono alla diagnosi medica si rileva, ad ogni modo, un alto livello di distrazione.

Un’inchiesta del Wall Street Journal racconta di una certa quantità di casi di ragazzi a cui è stato diagnosticato un tic nervoso e una malattia neuro-psichiatrica, spiega inoltre come Instagram sta condizionando negativamente la percezione di sé e come Tik Tok sta portando i suoi utenti ad avere disturbi da depressione. Con l’utilizzo dei social viene sempre più stimolato il rilascio di serotonina a favore di dopamina, nel momento in cui si stimola qualcosa che induce alla solitudine, l’altro neuro trasmettitore sarà sempre meno stimolato.

Il Professore Luigi Gallimberti, psichiatra e tossicologo, spiega che da quando sono nati i social network, adolescenti e preadolescenti soffrono di ansia, depressione e disturbi alimentari. I dati evidenziano una crescita di disturbi di questo tipo del 140%. Gli stessi adolescenti trascurano lo studio, preferiscono stare a casa al gioco all’aperto, soffrono di sonnolenza, si infastidiscono facilmente, sono di malumore e confondono sensazioni di vita reale a quella virtuale. Se consideriamo che durante l’adolescenza il cervello regola i comportamenti sociali e l’espressione della personalità e se teniamo conto che il 76% dei giovani tra i 16 e i 24 anni spendono più tempo su dispositivi digitali e che gli utenti di Tik Tok sono oltre 1 miliardo non è difficile capire che si è intrapresa una strada compromettente e pericolosa, che si tratta di campanelli d’allarme da far rizzare le orecchie e non da sottoporre a ostruzionismo. Ci stiamo dirigendo verso una situazione potenzialmente devastante che inevitabilmente inciderà sul futuro personale e sulla collettività.

Quale potrebbe essere un modo per ovviare a questo problema? Quale potrebbe essere la via di condotta da percorrere?

Una buona idea potrebbe essere quella di ridurre la quantità di ore da dedicare ai dispositivi elettronici, ormai costitutivi della nostra quotidianità, e fare invece uso promiscuo di attività di altro genere che richiedono applicazione e forza di concentrazione. Se l’uso dei dispositivi elettronici comporta alterazioni neuroplastiche, la lettura ha la capacità di metterle a posto perciò è necessario educare ad altra linea di condotta.

Secondo un luogo comune chi sa giocare a scacchi possiede un quoziente intellettivo superiore alla norma; in realtà questi giocatori sviluppano capacità intellettive particolarmente avanzate perché ci giocano con costanza; gioco che consente al cervello di allenarsi al ragionamento, al pensiero strategico e logico e alla capacità di risoluzione dei problemi. Stessa cosa vale per altri giochi educativi che stimolano l’indipendenza di pensiero e la ricerca creativa di soluzioni ai problemi.

Giochi simili oltre a infondere soddisfazione per il raggiungimento degli obiettivi aiutano a sviluppare l’attenzione alla collettività a differenza dei social media che spingono ad atteggiamenti rivolti all’isolamento. Una società che non sa mettersi insieme, che è formata da persone che interagiscono principalmente attraverso meccanismi di passività, incapace di lottare insieme per i grandi problemi, è una società che non può risolvere le sue crisi.

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