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RIFORMA FISCALE. BASTA CON LE RIVELAZIONI PARZIALI CHE CREANO SCONCERTO. IL GOVERNO ILLUSTRI I PRINCIPI DI UNA RIFORMA GLOBALE

di Marco Salustri (Consigliere nazionale di Unimpresa)

Continua lo stillicidio delle rivelazioni, fatte a spezzoni, in interviste rese alla stampa, di membri del governo e di vertici dirigenziali delle entrate, su aspetti parziali della ormai non più procrastinabile riforma generale del fisco. Questo modo di procedere non appare, istituzionalmente e politicamente, corretto, perché determina confusione, sconcerto e interpretazioni contraddittorie sulle reali intenzioni dell’esecutivo: il perfetto contrario della trasparenza. Parlare un giorno di imposte dirette e un altro di quelle indirette, ipotizzando soluzioni contrapposte e facendo riferimento a modelli in vigore in altri paesi, sembra più un gioco da dilettanti, finalizzato soltanto a scoprire le reazioni dei soci di maggioranza, piuttosto che una doverosa informazione resa alla pubblica opinione. Un fisco sano, e non malato come quello italiano in vigore, dovrebbe essere un insieme organico, per cui una riforma di sistema non può illustrata in maniera parcellizzata. La giungla fiscale italiana è il risultato di questa malsana prassi, che dura da decenni. Questo modo di procedere, inoltre, determina nei contribuenti, specie nelle PMI, un continuo disorientamento. Il ministro competente, quindi, se intende anticipare l’attesa riforma, che sia già condivisa dal governo e dalla maggioranza, ne illustri, in via definitiva e complessiva, i principi e le linee generali, senza “buttare un osso per volta al cane” solo per saggiarne le reazioni.

Al contrario il ministro Gualtieri, in un’altra recente intervista, rilasciata al quotidiano “La Repubblica”, ha preannunziato l’ipotesi di una riforma fiscale dell’IRPEF, Imposta sui redditi delle persone fisiche, avente le stesse caratteristiche del modello tedesco. Costringe, quindi, di nuovo a chiarire quali possano essere gli eventuali vantaggi e svantaggi di questa manovra fiscale parziale a carico dei contribuenti, senza avere a disposizione un quadro generale di riferimento della riforma. Un esercizio puramente teorico.

Il sistema d’imposizione IRPEF italiano si basa su aliquote percentuali che insistono su scaglioni di reddito molto “compressi” e che aggrediscono, di conseguenza, le fasce reddituali più deboli,  come è possibile desumere dalla tabella di seguito riportata.  

Da quanto emerge dalla tabella IRPEF, è facile intuire due elementi distorsivi: il primo è quello relativo alle aliquote centrali e, in particolare modo, all’aliquota del 38%. Se a questa si aggiungono le aliquote marginali comunali e regionali si arriva ad oltre il 40%, generando, conseguentemente, un’ingiusta tassazione per coloro che hanno redditi fino a 55.000 euro, rispetto a chi ha prodotto una base imponibile fino a 75.000 euro.  Il secondo effetto distorsivo si nasconde nell’eccessiva aggressione che, elevate aliquote, esercitano su redditi molto bassi. Si pensi, ad esempio, all’aliquota del 41% su redditi che si aggirano intorno ai 60.000 euro che, aggiungendo le imposte comunali e regionali, arriva a superare il 45% o, peggio, all’aliquota del 27% che, superando il 30%, sempre sommando le aliquote locali, insiste su redditi di appena 28.000 euro! E’ del tutto evidente che questa impostazione fiscale si sia generata, nel tempo, solo per esigenze di cassa delle pubbliche entrate, a discapito, conseguentemente, dei contribuenti.

Il sistema tedesco, ipotizzato dal ministro, si fonda, invece, su aliquote per scaglioni, come riportate nella tabella sottostante, che decomprimono e alleviano le fasce di reddito più basse, ma non risolverebbe, nella sostanza, tutte le criticità, di cui il sistema fiscale italiano è afflitto.

Aliquota % *Classi di reddito (in euro)
esenteFino a 9.000
Aliquota progressivamente crescente da 14% a 42%da 9.001 a 54.949
42%tra 54.950 a 260.532
45%da 260.533
Fonte fiscooggi.it

Con il modello tedesco non risulterebbe risolta, del tutto, la disparità di tassazione tra i contribuenti, infatti rimarrebbe un’evidente sproporzione tra l’aliquota del 42%, applicata su redditi fino a 260.532 euro, e quella del 45%, applicata su redditi oltre 260.533euro, essendo percentuali troppo ravvicinate rispetto a redditi piuttosto omogenei. Ne deriverebbe, purtroppo, una similitudine con il modello italiano, in riferimento all’esempio riportato dell’aliquota del 38%. Inoltre un’esenzione di tassazione per redditi fino a 9.000 rende il sistema tedesco, “simile” a quello italiano che esenta i redditi fino a 8.000 euro per i lavoratori dipendenti e fino 4.800 euro per i lavoratori autonomi, in base alle ultime modifiche normative.

Una riforma fiscale, va ribadito, per essere incisiva per l’intero sistema economico dovrà essere globale,  tanto per le imposte dirette che per quelle indirette, al fine di evitare continui e inutili aggiustamenti tributari, che ne distorcerebbero gli effetti macroeconomici, confonderebbero imprese e lavoratori autonomi, oltre ad aggravare, inevitabilmente, i costi di gestione delle imprese. Unimpresa chiede, quindi, una riforma fiscale organica, equa, trasparente e chiara, senza più il rosario infinito delle interpretazioni  normative.  Nè si potrà prescindere dalla considerazione che, maggiore sarà il potere di spesa dei contribuenti, quali le PMI, lavoratori autonomi e  dipendenti, migliore sarà l’andamento dell’economia reale e la ripresa.

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