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MANOVRA: UNIMPRESA, IN ITALIA 106 MILIONI DI CARTE E 238 MILIARDI DI EURO DI PAGAMENTI CON POS

Più di 5 miliardi di operazioni nel 2021, in crescita del 170% rispetto al 2015, con l’ammontare delle transazioni che sfiora i 238 miliardi di euro, quasi il doppio in sei anni. Le carte in circolazione (tra quelle di credito, i bancomat e le prepagate) sono 106 milioni, in media quasi due a testa per ciascun italiano, in aumento del 17%. Sono le carte di debito (bancomat in particolare) lo strumento preferito per gli acquisti, con 183 miliardi di euro di pagamenti e 3,8 miliardi di operazioni l’anno scorso, seguite dalle carte di credito con 84 miliardi di euro e 1,3 miliardi di operazioni e poi dalle prepagate con 54 miliardi di euro e 1,5 miliardi di operazioni. Sono i numeri dell’Italia del Pos e dei pagamenti elettronici fotografati nell’istantanea del Centro studi di Unimpresa. «Lo sviluppo dei pagamenti con tessere di plastica ha subito una forte accelerazione negli ultimi sei anni, in particolare durante il periodo della pandemia da Covid. Qualcuno dice che l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi, ma non credo che questo aspetto sia rilevante. Quel presunto divario ormai è sempre più piccolo e si è ristretto grazie alle scelte delle persone, non a imposizioni normative. Questo è l’aspetto più importante: nessuno vuole frenare il progresso tecnologico, ma è profondamente sbagliato cercare di imporre tutto per legge. I pagamenti digitali sono il futuro e l’Italia va in quella direzione. Tuttavia, nell’immediato occorre sottolineare che esistono alcuni problemi sia in termini di gestione dei Pos sia in termini di commissioni pagate alle banche» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, in Italia (dati 2021) circolano 106,1 milioni di carte di credito, 15,6 milioni in più rispetto ai 90,5 milioni di tessere del 2015 (+17,2%): si tratta di 15,1 milioni di carte di credito (+8,6%), di 60,9 milioni di carte di debito, in particolare i bancomat, (+18,9%), di 30,1 milioni di carte prepagate (+18,5%). Nel 2015 le carte di credito erano 13,9 milioni, le carte di debito 51,2 milioni, le prepagate 25,4 milioni. Quanto ai pagamenti, il totale delle operazioni con carte ammonta a 5,3 miliardi, in crescita di 3,4 miliardi (+171,0%) rispetto agli 1,9 miliardi del 2015: le transazioni con carte di credito sono 1,3 miliardi, in aumento di 714 milioni (+109,4%) rispetto alle 652,6 milioni di transazioni del 2015. I pagamenti con carte di credito “valgono” 84,6 miliardi di euro, in salita di 30,5 miliardi di euro (+56,4%) rispetto ai 54,1 miliardi di euro del 2015. I pagamenti con carte di debito ammontano a 183,6 miliardi di euro, in aumento di 80,5 miliardi di euro (+78,1%) rispetto ai 103,1 miliardi di euro del 2015. I pagamenti con le prepagate si attestano a 54,1 miliardi di euro, in aumento di 36,8 miliardi di euro (+212,7%) rispetto ai 17,3 miliardi di euro del 2015. In totale, i pagamenti con le tessere di plastica “valgono” 237,7 miliardi di euro, in aumento di 117,3 miliardi di euro (+97,4%) rispetto ai 120,4 miliardi di euro del 2015.

«I dati rivelano che l’utilizzo delle carte di pagamento sta aumentando significativamente nel nostro Paese: un andamento di crescita costante che è frutto di un drastico cambio di abitudini delle persone, in parte accelerato dalla pandemia. La crescita non trae fondamento da alcuna imposizione specifica né di tipo regolatorio né sul fronte della contrattualistica bancaria. Negli ultimi anni, le persone hanno progressivamente apprezzato la comodità di utilizzare strumenti di pagamento digitale, assai più comodi, in talune circostanze, rispetto al denaro contante. Se fino a pochi anni fa, quasi nessuno avrebbe mai pensato di pagare il caffè con la carta di credito, oggi questa situazione è sempre più frequente e, nonostante il tetto a 30 euro sotto il quale un esercente può rifiutarsi di attivare il Pos, anche i commercianti si sono adeguati. Ciò dimostra che qualsiasi restrizione o obbligo verrebbe percepito in maniera negativa e non produrrebbe alcun beneficio particolare» spiegano gli analisti di Unimpresa.

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