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Lo Stalking Condominiale

di Sabrina Grisoli

Il delitto di atti persecutori, conosciuto più comunemente come stalking, è un reato che può essere commesso da chiunque e in qualsiasi modo. Da principio si pensava solo ai comportamenti per così dire “classici” come gli appostamenti presso l’abitazione, il luogo di lavoro o di svago della vittima e alle minacce ripetute. Oggi tutti sanno che lo stalking può essere perpetrato anche attraverso i moderni mezzi di comunicazione a nostra disposizione. Quindi sms, email, nonché via messaggi su social network.

Questo perché la forma libera del reato (ossia la mancata tipizzazione a priori dei comportamenti che possono integrare la fattispecie), rende di fatto possibile ricondurre al delitto in commento ogni condotta reiterata dal carattere minaccioso o molesto, purché cagioni in capo alla vittima una delle conseguenze -queste sì, tipiche- previste dall’art. 612-bis c.p.: alterazione delle abitudini di vita, fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, grave e perdurante stato di ansia.

LE LITI CONDOMINIALI DIVENTANO PENALMENTE RILEVANTI

Tra le applicazioni pratiche del delitto di stalking che più hanno fatto sensazione, da qualche tempo si legge quasi quotidianamente di condanne per atti persecutori c.d. condominiali.
Tali devono considerarsi quei dissidi tra condomini che superino la normale soglia della tolleranza. Questa, di fatto, residuerà solo in quegli episodi che siano espressione di momentanee crisi della convivenza civile. In caso invece di ripetuti episodi di scontri verbali, accanimenti e quant’altro, che provochino un sensibile turbamento della sfera psichica delle vittime, il Giudice potrà irrogare a carico del persecutore una condanna da sei mesi a cinque anni di reclusione, nonché condannarlo a risarcire le persone offese del danno morale cagionato loro.

In base ad una pronuncia della Corte di Cassazione, relativa ad un caso di reiterate molestie a danno di inquiline di sesso femminile di uno stesso stabile, è stato infatti affermato che: “È dunque ineludibile l’implicazione che l’offesa arrecata ad una persona per la sua appartenenza ad un genere turbi per sé ogni altra che faccia parte dello stesso genere. E se la condotta è reiterata indiscriminatamente contro talaltra, perché vive nello stesso luogo privato, sì da esserne per questa ragione occasionale destinataria come la precedente persona minacciata o molestata, il fatto genera all’evidenza il turbamento di entrambe” (Cass. Pen. Sez. V, 07.04.2011, n. 20895).

LA TUTELA CAUTELARE

La persona offesa dal reato può altresì contare su misure che possono garantirgli il reale recupero della tranquillità e serenità perse dopo l’inizio delle minacce e delle molestie. Una delle più efficaci è quella di cui all’art. 282-ter del codice di procedura penale, “Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”, introdotta nel nostro ordinamento appositamente a completamento del minisistema di contrasto allo stalking. La sua recente applicazione ai casi di atti persecutori perpetrati in ambito condominiale ha peraltro fatto molto discutere atteso che, per effetto dell’irrogazione di tale misura, è stato ordinato al molestatore di allontanarsi immediatamente dal luogo ove la sua condotta si esplicava, cioè il condominio ove risiedeva, di fatto proibendogli di vivere in casa propria!

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