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Le Farfalle ritmica

di Marco Massarenti, Presidente Unimpresa Sport

Negli anni la ritmica italiana ci ha abituati a numeri entusiasmanti ed emozionanti, all’esaltazione dell’eleganza di ogni singolo gesto, ad una disciplina impeccabile, alla tecnica raffinata e al controllo motorio del volo leggero e roteante delle “Farfalle” ma nessuno poteva pensare che quelle ali sottili sarebbero state col tempo tarpate proprio da chi le ha ideate, allevate e allenate. È questo che denunciano due ex ginnaste plurimedagliate della nazionale raccontando un caso di Body shaming. Attraverso interviste ci fanno sapere che dietro ad ogni loro volo c’è in realtà una storia di abusi psicologici ricevuti da alcuni componenti del team dei professionisti responsabili. Hanno parlato di digiuni forzati, pressioni costanti sul controllo del peso, offese verbali, lucchetti alle ante dei cassetti per non farle mangiare, uso quasi costante di lassativi per poter far fronte alle pesate giornaliere.

Queste bambine, ora donne, queste atlete, queste ginnaste sono vittime di quel comportamento atipico di chi in mancanza di remora oltrepassa la linea di demarcazione tra intransigenza e violenza, di chi pensa solo ai risultati e alla performance dimenticandosi che le atlete prima di essere delle sportive sono persone e soprattutto sono ragazze in età di sviluppo. Questa gente si è presa la libertà di annullare quella altrui, di sacrificare aspetti di crescita fondamentali perdendo di vista le conseguenze che le sportive avrebbero subito anche su fattori psicologici.

Il controllo ossessivo adottato da questi coach ha generato una devastante ed esasperante consecutio che condizionerà il resto della vita delle atlete e che, come accaduto, le ha portate alla rinuncia dell’attività sportiva nell’ambito della nazionale e di conseguenza anche del sogno azzurro.

È chiaro che si tratta di un comportamento da scongiurare. È risaputo che il compito dell’allenatore sportivo è quello di occuparsi della preparazione fisica ma anche di quella psicologica dei singoli atleti rappresentando non un punto di riferimento ma il punto di riferimento assoluto, vista la giovane età e vista l’assenza genitoriale dovuta alla distanza e alle regole imposte. È fondamentale quindi, che il preparatore possieda un buon metodo tecnico e teorico ma che abbia anche un bagaglio di sensibilità non indifferente.

Nina Corradini e Anna Basta hanno avuto l’audacia di denunciare gli abusi oltrepassando il muro del silenzio e della delusione. Nonostante tutto hanno anche subito Victim blaiming, azione per cui si colpevolizza la vittima che ha deciso di denunciare in tempi tardivi rispetto all’accaduto. È vero, lo hanno fatto con i loro tempi, perché dichiarazioni del genere non si fanno mai a cuor leggero però è solo grazie al loro coraggio se a questa si stanno aggiungendo altre denunce su cui la Federginnastica sta indagando affinché vengano messi in atto i giusti provvedimenti e mettendo anche a disposizione un utilissimo strumento, ovvero il “Safeguarding Officer” che permette di aprire altri eventuali simili cassetti segreti, qualora ce ne fossero, nei vari ambiti sportivi.

Le protagoniste di questa vicenda, oltre ad incoraggiare all’asserzione altri atleti che potrebbero vivere la loro stessa situazione, ci tengono a sottolineare che questa è solo una negativa eccezione alla regola di ciò che rappresenta lo sport e ne sono pienamente coscienti tant’è che stanno continuando a praticare e insegnare attività sportiva.

Lo sport prospero, svolto nella maniera corretta, quello che non giudica, non aliena ma insegna, quello senza componenti moleste e malsane è tutt’altro. È salute, gioia, bellezza, ricchezza interiore, infallibile fattore aggregante, stimolatore di emozioni buone, elemento di equilibrio, formidabile conciliatore culturale, precettore magistrale e educatore per antonomasia. Insomma lo sport sano non può che essere ingente valore aggiunto alla vita di ognuno.

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