di Paolo Longobardi, Presidente onorario Unimpresa
Nel silenzio solenne di piazza San Pietro, gremita da fedeli e capi di Stato di ogni parte del mondo, Papa Leone XIV ha pronunciato parole che ci interpellano tutti, credenti e laici, ricchi e poveri, potenti e invisibili. L’omelia con cui ha dato inizio al suo pontificato non è solo una dichiarazione di fede, ma un vero e proprio manifesto civile, sociale, politico. Un manifesto di pace.
“Questa è l’ora dell’amore”, ha detto il Pontefice, e ha indicato nella carità – quella autentica, che non è pietismo né elemosina, ma riconoscimento dell’altro come fratello – l’unica via possibile per una Chiesa viva, per un’umanità riconciliata. Un richiamo universale, che travalica i confini religiosi, culturali, geopolitici. E che, nel tempo della guerra permanente, suona come un atto rivoluzionario.
Leone XIV ha parlato da successore di Pietro, ma anche da cittadino del mondo. Ha evocato il dolore per la guerra in Ucraina, le divisioni che lacerano il pianeta, le disuguaglianze che alimentano violenza e rancore. Ma lo ha fatto con la fermezza di chi crede che l’amore, la misericordia, la giustizia non siano parole astratte, ma criteri concreti per costruire la storia. E lo ha fatto rivendicando il valore della “pace giusta”, quella che non si accontenta del silenzio delle armi, ma vuole sanare le ferite, liberare i prigionieri, restituire i bambini alle loro famiglie. Parole che ci commuovono. E che ci obbligano a riflettere.
Anche noi, come associazione che rappresenta il cuore pulsante delle piccole e medie imprese italiane, non possiamo restare indifferenti. La guerra non è solo una tragedia umanitaria. È un disastro economico. Devasta i territori, frantuma le relazioni commerciali, alimenta la speculazione, destabilizza i mercati. Ne paghiamo le conseguenze ogni giorno: con l’inflazione che corrode i salari, con l’energia che diventa bene di lusso, con le esportazioni bloccate e la sfiducia che si insinua nei bilanci e nelle famiglie.
Per questo, le parole di Leone XIV risuonano anche nel nostro mondo. Quando dice che “la Chiesa deve essere fermento di fraternità”, ci invita a riscoprire, anche nell’economia, il senso della cooperazione. Quando afferma che “non si tratta mai di catturare gli altri con la propaganda oi mezzi del potere, ma di amare come ha fatto Gesù”, ci ricorda che ogni relazione – commerciale, lavorativa, sociale – deve poggiare sulla fiducia, sul rispetto, sulla dignità.
C’è, nelle sue parole, un’eco forte della Rerum Novarum di Leone XIII, il Papa da cui ha scelto di ereditare il nome e l’ispirazione. Anche allora, nel cuore della rivoluzione industriale, la Chiesa indicò un’altra strada: quella della giustizia sociale, della dignità del lavoro, della responsabilità verso i poveri. Oggi Leone XIV raccoglie quel testimone e lo rilancia, nella stagione della globalizzazione esasperata, della crisi ambientale, della guerra diffusa.
Noi, come Unimpresa, vogliamo camminare su questa strada. Crediamo che senza pace non possa esserci sviluppo. Che senza giustizia non possa esserci crescita. Che senza amore non possa esserci futuro. Per questo accogliamo l’invito del Papa con rispetto, ma anche con convinzione. E rilanciamo, da imprenditori, da cittadini, da italiani, il suo messaggio: questa è davvero l’ora dell’amore. E l’economia può – e deve – esserne strumento.
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