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Crisi. Unimpresa: 9,2 milioni le persone in difficoltà

Superano i 9 milioni di persone le persone in difficoltà in Italia. Ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Un’enorme “area di disagio”: ai 3,66 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (652mila persone) sia quelli a orario pieno (1,51 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (838mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,56 milioni). Questo gruppo di persone occupate – ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute – ammonta complessivamente a 5,5 milioni di unità. Il totale del’area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi Unimpresa sulla base di dati Istat, comprende dunque 9,22 milioni di persone.
Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei “deboli”. Il dato sui 9,22 milioni di persone è relativo al primo trimestre del 2013 e complessivamente risulta in aumento dell’8,9% rispetto alla precedente rilevazione di Unimpresa, realizzata sui dati del terzo trimestre del 2012, quando l’asticella si era fermata a 8,44 milioni di unità: in sei mesi quindi 752mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale. Nel primo trimestre di quest’anno i disoccupati erano in totale 3,66 milioni: 1,79 milioni di ex occupati, 647mila ex inattivi, 833mila in cerca di prima occupazione e altri 389mila in questa stessa fascia. I disoccupati risultano in aumento del 27,7% rispetto alla precedente rilevazione (+795mila persone). Stabile, invece, il dato degli occupati: erano 5,6 milioni a settembre 2012 e sono risultati 5,56 milioni a marzo scorso.
“Il Governo di Enrico Letta non prende decisioni importanti e per ora si limita a rinviare. Le indiscrezioni filtrate oggi parlano di un nuovo slittamento a dicembre dell’aumento Iva dal 21 al 22%. Ma non possiamo andare avanti così. Offriamo all’Esecutivo, ai partiti e alle istituzioni i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Può apparire anomalo – aggiunge Longobardi – che un’associazione di imprese analizzi il fenomeno dell’occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perché riteniamo che siano il cuore dell’impresa. Bisogna poi considerare che l’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”. Secondo il presidente di Unimpresa “serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del Governo”.


Ufficio Stampa Unimpresa

a cura dell’Ago Press
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