Paper del consigliere nazionale Marco Pepe: la direttiva europea non impone un livello base per legge della paga oraria, ma mira solo a garantire una tutela per i lavoratori, preferendo la soluzione contrattuale a quella legislativa
«In materia di retribuzioni, il dibattito sul salario minimo ha messo in evidenza come la pluralità di definizioni delle retribuzioni complica la lettura comparata dei testi contrattuali oltre alla parziale mancanza di dati comparativi. In pratica, emerge l’urgenza di creare un metodo condiviso e univoco di selezionare le voci che definiscono il minimo salariale adeguato a quanto previsto dalla direttiva. Infatti, la struttura della retribuzione in Italia non è pensata in funzione di una “tariffa oraria” diversamente da altri Paesi europei, ma da diversi valori che hanno lo scopo di valorizzare la produttività, la flessibilità organizzativa, del welfare contrattuale e della bilateralità». Lo scrive il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Pepe, in un documento in cui analizza la proposta sul salario minimo approvata ieri dal Cnel.
«Il documento di riflessione in materia di salario minimo approvato ieri dall’Assemblea del Cnel è molto articolato e puntuale. Esso affronta, ad avviso di Unimpresa che più volte ha denunciato la necessità di depurare l’articolata materia del lavoro da strumentalizzazioni politiche e da semplificazioni di “strada”, la materia complessa del lavoro povero legato al salario minimo e alla produttività tenendo conto di una visione d’insieme degli elementi che li compongono» aggiunge Pepe secondo il quale «è essenziale indi individuare una corretta strada da intraprendere, non trascurando certamente quanto indicato nel documento del Cnel circa il sommerso, le altre forme di lavoro, il sistema cooperativistico. Tutto questo rilevando che altre cause sono in gioco come, a esempio, il numero delle settimane lavorative, il lavoro temporaneo, il part-time, il sistema degli appalti su cui Unimpresa si è ampiamente soffermata in precedenti articoli. Il dibattito sul salario minimo ha il pregio di aver scoperto il “vaso di pandora” determinato da fattori che negli anni passati non sono stati ben gestiti ed oggi siamo in corsa per riorganizzare al meglio la mole di lavoro atteso e, in più, dobbiamo attendere dati freschi che mancano». Il consigliere nazionale di Unimpresa osserva che «la direttiva Ue 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nella Unione europea, anche in ragione dei vincoli per l’Italia con riferimento alla sua trasposizione nel nostro ordinamento giuridico prevista entro il 15 novembre 2024, non impone alcun obbligo di fissare per legge un salario minimo. Quelle norme dell’Unione europea, al contrario, tendono a promuovere il diritto dei lavoratori a una tutela garantita dal salario minimo, preferendo la soluzione contrattuale a quella legislativa».
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