«L’approvazione, da parte della Commissione europea, del piano italiano per il contenimento del debito pubblico e del deficit, segna un passaggio fondamentale per il futuro delle finanze pubbliche e il ruolo dell’Italia nel panorama europeo. È un via libera che va oltre la dimensione tecnica dei numeri: si tratta di un riconoscimento politico al governo italiano, che ha saputo negoziare non solo più tempo, ma anche maggiore flessibilità per ridisegnare il proprio percorso economico. La concessione di un’estensione del periodo di aggiustamento da 4 a 7 anni è un colpo strategico che premia la capacità dell’Italia di convincere Bruxelles. Non è una vittoria facile né scontata, ma è il risultato di un lavoro diplomatico che ha saputo bilanciare le istanze di rigore con la necessità di promuovere crescita e investimenti». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, i dati più recenti sul debito/pil confermano il peso della sfida che l’Italia si trova davanti: al 2024 il rapporto si attesta ancora al 135,8%, ma il percorso delineato dal piano punta a un calo sostenibile fino al 134,9% entro il 2029, mantenendo il disavanzo sotto il limite del 3%. Obiettivi ambiziosi, ma finalmente realizzabili grazie a regole nuove e più aderenti alla realtà economica europea.
Il cuore del nuovo Patto di Stabilità è proprio questa maggiore flessibilità. Per la prima volta, ogni Paese membro ha la possibilità di modellare un percorso di aggiustamento personalizzato, che tenga conto delle specificità nazionali. L’Italia si trova così nella condizione di allineare gli obblighi comunitari con le priorità domestiche, in un delicato equilibrio tra rigore e rilancio economico. Gli impegni assunti nel piano – dalle riforme strutturali agli investimenti strategici – rappresentano non solo un obbligo, ma anche un’occasione unica per trasformare le debolezze storiche del nostro sistema in leve di crescita.
La flessibilità non è però un assegno in bianco. Il piano approvato richiede misure concrete per garantire una riduzione progressiva del debito e un contenimento del deficit, compatibili con le proiezioni macroeconomiche. L’obiettivo, a esempio, di un saldo strutturale al -2,1% nel 2029 è impegnativo, ma realistico se accompagnato da riforme incisive e un’accelerazione degli investimenti. Il nuovo deflatore del pil, che si prevede al 2% a partire dal 2026, dà respiro alle stime, ma resta essenziale mantenere il focus sull’efficienza della spesa pubblica.
«Politicamente, il via libera della Commissione è una boccata d’ossigeno per il governo italiano, che potrà rivendicare il risultato come una prova di credibilità e autorevolezza in Europa. Ma è anche un messaggio al resto dell’Unione europea: la stagione dell’austerità cieca è finita, lasciando spazio a una gestione più intelligente e sostenibile dei conti pubblici. Il vero banco di prova, tuttavia, sarà il giudizio finale del Consiglio europeo il prossimo gennaio. La palla passa ora a Roma, che dovrà tradurre in azioni tangibili le promesse scritte nel piano. Perché, se è vero che il nuovo Patto di Stabilità concede più tempo e margini, è altrettanto vero che l’Europa chiederà risultati concreti e coerenti. L’Italia, però, parte da una posizione finalmente diversa: non più sotto accusa, ma protagonista di una trattativa che può riscrivere non solo il proprio futuro, ma anche quello delle regole europee. Sta a noi non sprecare l’occasione» aggiunge Ferrara.
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