di Paolo Longobardi, Presidente onorario Unimpresa
Pasqua è, per milioni di persone, un momento di riflessione, di rinascita, di speranza. Ma quest’anno – come negli ultimi anni – il messaggio di pace che dovrebbe accompagnare questa festività si scontra con una realtà brutale: la guerra è ovunque. E la pace, quella vera, resta lontana.
In Ucraina, il conflitto iniziato con l’invasione russa nel 2022 continua senza una prospettiva di tregua credibile. Ogni giorno porta con sé morti, distruzione, e un’Europa sempre più coinvolta, economicamente e militarmente, in una guerra che sembra diventata ordinaria. Nel Medio Oriente, la situazione è ancora più drammatica. Dopo il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre, la reazione israeliana su Gaza ha provocato una crisi umanitaria che l’Occidente fatica a condannare con chiarezza. E mentre la diplomazia internazionale resta paralizzata, a pagare il prezzo sono i civili: migliaia di vittime, città rase al suolo, una popolazione allo stremo. Ma l’elenco è lungo. In Sudan si consuma una guerra civile ignorata dai media. Nello Yemen la tregua resta fragile e intermittente. In Myanmar la repressione militare ha trasformato il Paese in una prigione a cielo aperto. E nel Sahel si combatte una guerra ibrida fatta di terrorismo, colpi di Stato e povertà estrema.
Il punto politico è semplice: il mondo sta vivendo una nuova stagione di instabilità globale, e la pace non è più al centro dell’agenda. Le istituzioni internazionali sono deboli, divise, incapaci di far rispettare il diritto. L’Onu è paralizzata dai veti incrociati, l’Europa si muove a rilento e spesso in ordine sparso, gli Stati Uniti sono risucchiati dalla loro crisi interna.
Parlare di pace a Pasqua non può essere un gesto simbolico. Deve diventare una scelta politica. E per l’Italia, per l’Europa, per l’Occidente, significa uscire dall’ambiguità: non si può difendere la democrazia con una mano e chiudere gli occhi davanti alle violazioni del diritto internazionale con l’altra. Papa Giovanni XXIII, nell’enciclica Pacem in Terris del 1963, lo aveva detto con chiarezza:«La pace non si costruisce con le armi, ma con la giustizia, la verità, la libertà e l’amore».
È tempo di ridare alla politica estera una visione: smettere di inseguire gli interessi del momento e tornare a credere che la diplomazia, il dialogo e la cooperazione siano gli strumenti più efficaci per la sicurezza globale. Pasqua ci ricorda che la pace non è un’utopia. Ma una responsabilità concreta.
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