
di Paolo Longobardi, Presidente onorario Unimpresa
Ci sono parole, nel dibattito pubblico, che rischiano di suonare logore, svuotate dalla frequenza con cui vengono evocate senza conseguenze. Ma quando Daniela Fumarola, segretaria generale della Cisl, richiama la centralità della qualità del lavoro e lo fa con il rigore e il senso di realtà che il tempo esige, è giusto ascoltarla. E, ancor più, sostenerla. Nel suo discorso di oggi alla federazione del credito, Fumarola ha affermato che “la questione vera non è più la quantità di occupazione, ma la qualità”. Una frase che, nella sua chiarezza, inchioda tutti noi – istituzioni, imprese, parti sociali – alla responsabilità di dare contenuto, dignità e prospettiva al lavoro, in particolare a quello dei giovani e delle donne.
È un cambio di paradigma che Unimpresa condivide pienamente. Per troppo tempo si è discusso soltanto in termini numerici: il tasso di occupazione, il numero di contratti, il saldo tra ingressi e uscite. Ma una società che guarda solo ai numeri dimentica le persone. Il lavoro marginale, precario, povero, non è una vera soluzione. È un’illusione ottica. Crescono i posti, ma non cresce la vita delle persone. Non si costruisce futuro.
Il riferimento di Fumarola al superamento di un “passato idealizzato” è altrettanto rilevante. C’è oggi una retorica del ritorno – a una presunta età dell’oro fatta di stabilità e certezze – che però ignora il cambiamento radicale intervenuto nella struttura economica, nei mercati globali, nei modelli produttivi. Non si tratta di nostalgie, ma di costruire un nuovo patto sociale che parta da strumenti “aggiornati, solidali e sussidiari”, come lei stessa ha detto. Questo è il linguaggio di chi non si limita alla denuncia, ma si impegna nella progettazione. Colpisce, infine, l’orgoglio con cui la segretaria della Cisl rivendica la legge sulla partecipazione come attuazione dell’articolo 46 della Costituzione. È un passaggio di civiltà che riconosce il lavoro come elemento costitutivo della democrazia economica. Un principio che dà protagonismo ai lavoratori, ma al tempo stesso accresce il valore delle imprese. Anche le piccole e micro che Unimpresa rappresenta possono trarre beneficio da questo approccio, perché sanno bene che un’impresa è forte quando lo sono le persone che la abitano.
Occorre ora un salto di qualità collettivo. La modernità non si misura solo nella tecnologia, ma nella capacità di restituire dignità alle relazioni di lavoro. La competitività non può poggiare sul basso costo del lavoro, ma sulla valorizzazione del capitale umano. E lo sviluppo, se vuole essere duraturo, dev’essere inclusivo. In queste parole di Fumarola ritroviamo un’Italia che non si arrende. Che sa che il lavoro non è una merce, ma un valore. E che può essere il motore di una nuova stagione di crescita, più equa, più giusta, più umana.
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