di Mariagrazia Lupo Albore, Direttore generale Un’impresa
Le recenti vicende che vedono il mondo del calcio nuovamente lambito da ombre legate alle scommesse ci spingono, come Unimpresa, una riflessione profonda. Non vogliamo soffermarci sui dettagli di cronaca, che lasciamo alle autorità competenti, ma cogliere questo spunto per parlare di qualcosa di più grande: l’etica, i valori, il ruolo dell’educazione e il futuro dei nostri giovani in una società che sembra smarrirsi, a volte, i suoi punti cardinali.
Il calcio, come ogni sport, è molto più di un gioco. È una scuola di vita, un luogo dove si forgiano i caratteri, si imparano il rispetto, la disciplina, il sacrificio. È uno specchio della società, capace di ispirare milioni di persone, ma anche di riflettere le sue fragilità. Quando leggiamo di giovani talenti sportivi che si trovano coinvolti in situazioni ambigue, non possiamo limitarci a puntare il dito. Dobbiamo chiederci: dove abbiamo mancato come collettività? Quali strumenti abbiamo dato a questi ragazzi per affrontare le pressioni di un mondo che li espone a tentazioni e insidie?
I giovani sono il cuore pulsante del nostro futuro, ma sono anche i più vulnerabili. Vivono in un’epoca di eccessi: la fama arriva presto, le ricchezze pure, e con esse la possibilità di perdere di vista ciò che conta davvero. L’etica non è un concetto astratto, ma una bussola quotidiana. È la capacità di scegliere ciò che è giusto anche quando nessuno ti guarda, anche quando la scorciatoia sembra più facile. E questa bussola non si forma da sola: va costruita, giorno dopo giorno, attraverso l’educazione.
La scuola ha un ruolo cruciale in questo processo. Non si tratta solo di trasmettere nozioni, ma di insegnare ai ragazzi a pensare, a distinguere il bene dal male, a resistere alle lusinghe di un successo effimero. La scuola deve essere il luogo dove si impara il valore della comunità, del rispetto per le regole, della responsabilità verso se stessi e gli altri. Ma non basta. La società civile tutta – famiglie, associazioni, imprese, istituzioni – deve fare la sua parte. Dobbiamo essere modelli coerenti, non solo a parole, ma con i fatti.
Lo sport, in particolare, ha una responsabilità enorme. È un palcoscenico globale, un linguaggio universale che parla ai cuori di tutti, soprattutto dei più giovani. Per questo, chi lo rappresenta – atleti, allenatori, dirigenti – deve sentire il peso di essere un esempio. Non si tratta di pretendere la perfezione, ma di dimostrare l’integrità. Un giovane calciatore non è solo un professionista: è un simbolo, una storia che può ispirare o deludere.
Le vicende legate alle scommesse ci ricordano che il denaro, se non accompagnato da valori solidi, può diventare una trappola. La ricerca del profitto a ogni costo, la voglia di vincere senza regole, sono mali che attraversano non solo lo sport, ma la nostra società. Come Unimpresa, crediamo che l’economia debba essere al servizio dell’uomo, non il contrario. E lo stesso vale per lo sport: deve elevare, unire, non dividere o corrompere.
Ai nostri giovani vogliamo dire: non lasciare che il rumore del mondo vi distragga da ciò che siete. Cercate maestri, non influencer. Ascoltate chi vi parla di fatica, di onestà, di sogni costruiti con pazienza. E a noi adulti, un invito: investiamo nell’educazione, sosteniamo le scuole, le associazioni sportive, i luoghi dove si formano i cittadini di domani. Costruiamo una società civile che non lasci indietro nessuno, che non abbandonando i suoi talenti alle lusinghe di chi vuole sfruttarli. Il calcio, come la vita, è fatto di cadute e risalite. Sta a noi fare in modo che ogni caduta sia un’occasione per imparare, per crescere, per tornare più forti. Ricominciamo dai valori, dall’etica, dall’educazione. Ricominciamo dai nostri giovani. Con fiducia nel futuro.
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