Il consigliere nazionale Assi: «Manca una circolare, salta la misura e il costo dei contributi previdenziali sale del 30%»
Niente decontribuzione Sud e contributi previdenziali più cari, per le imprese, del 30%. Secondo quanto segnala Unimpresa, manca una circolare dell’Inps attuativa dell’ultima legge di bilancio e, così, salta lo sgravio contributivo per le aziende del Mezzogiorno. «Ancora una volta il protagonista negativo dell’emergenza Covid è l’Inps. Dopo il pasticcio della cassa integrazione e i ritardi dei ristori arriva la beffa delle beffe: alle nostre aziende viene tolta la decontribuzione Sud. Insomma, viene cancellato quello che è o dovrebbe essere un loro diritto acquisito, una delle pochissime misure davvero utili poste in campo dall’ultimo esecutivo Conte». Lo dichiara il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi, spiegando che «in queste ore, quando la maggior parte delle aziende ha già elaborato le buste paga e corrisposto gli stipendi ai loro dipendenti, giunge una vera e propria doccia fredda: la decontribuzione Sud introdotta dalla legge 178 del 2020, che ha stabilito l’estensione della misura fino al 31 dicembre 2029 è bloccata».
Secondo Assi il blocco trae fondamento dal fatto che «l’Inps, a oggi, dopo che le aziende hanno pagato gli stipendi e si apprestano a pagare i relativi contributi in scadenza il 16 febbraio, non ha diramato l’apposita circolare con i codici per accedere alle agevolazioni previste. Il risultato è il seguente: le aziende si troveranno all’improvviso un costo del 30% in più sui contributi da pagare o (peggio ancora) per chi avesse già effettuato il pagamento dei contributi ad essere considerati dei morosi e dunque non in regola. Secondo l’Inps le aziende devono oggi pagare anche quanto non dovuto e, solo in un secondo momento, recuperare le somme versate: tutto come se l’impresa fosse un bancomat, dove oggi lo Stato prende e poi con calma restituisce all’azienda, in un periodo di difficoltà economiche, in cui quotidianamente cercano tra mille difficoltà di districarsi, questa ulteriore défaillance corre il rischio di affondarle definitivamente. Non possiamo che lanciare un forte grido di allarme, sperando che non cada anche questo nel vuoto, affinché qualcuno si svegli in tempo ed eviti questo ulteriore disastro». A giudizio del consigliere nazionale di Unimpresa «non basta il Covid, non basta la più grave crisi economica del dopoguerra, non basta il caos della politica di questi giorni: la burocrazia è ancora più forte di tutto questo. Così, mentre assistiamo ormai da quasi un mese al siparietto governo sì, governo no le aziende continuano incessantemente a essere vessate».
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