«Il Parlamento, chiamato a intervenire per colmare i vuoti evidenziati dalla Corte costituzionale sulla riforma Calderoli, ha una grande responsabilità: trovare un punto di equilibrio tra il legittimo desiderio di autonomia e la salvaguardia dell’unità nazionale. Questo significa ripensare alcuni aspetti della legge, mettendo al centro principi fondamentali come la sussidiarietà, l’equità territoriale e la tutela dei diritti universali. Non si tratta di tornare indietro o di bloccare il processo riformatore, ma di procedere con maggiore cautela e visione, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali e sociali in un dialogo costruttivo».
Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, commentando la recente decisione della Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali alcuni profili chiave della riforma delle autonomie.
«La sentenza del Giudice delle leggi rappresenta un momento di riflessione cruciale per il nostro Paese. Il pronunciamento, pur riconoscendo la legittimità complessiva della legge Calderoli, evidenzia limiti significativi che corrono il rischio di compromettere gli equilibri costituzionali e l’unità della Repubblica. Ora spetta al Parlamento raccogliere questa sfida e lavorare per una soluzione che tenga conto delle esigenze di tutte le parti in causa. L’autonomia differenziata è un tema centrale e delicato per il futuro dell’Italia. Garantire maggiore responsabilità e autonomia amministrativa alle Regioni è un obiettivo condivisibile, in linea con le aspettative di molti territori che chiedono strumenti più efficaci per rispondere alle esigenze dei cittadini. Tuttavia, come giustamente ricordato dalla Consulta, questo percorso non può e non deve tradursi in una frammentazione del tessuto istituzionale ed economico del Paese. L’unità nazionale, la solidarietà tra i territori e l’uguaglianza nei diritti dei cittadini non sono principi negoziabili, ma pilastri fondanti della nostra Costituzione» spiega Longobardi.
Secondo il presidente onorario di Unimpresa «tra i rilievi più significativi avanzati dalla Corte spiccano quelli relativi alla determinazione dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), che la legge aveva delegato al Governo attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Una scelta che, secondo i giudici, avrebbe limitato il ruolo del Parlamento, indebolendo il necessario equilibrio tra i poteri dello Stato. È evidente che una materia così delicata, legata ai diritti civili e sociali dei cittadini, richiede un coinvolgimento pieno e approfondito delle Camere, come espressione della volontà democratica. Allo stesso modo, la possibilità di modificare le aliquote tributarie per finanziare le funzioni trasferite alle Regioni, senza adeguate garanzie di equità e trasparenza, avrebbe rischiato di accentuare le disuguaglianze tra territori più ricchi e territori meno sviluppati. La Corte ha sottolineato la necessità di ancorare ogni trasferimento di competenze a criteri oggettivi di efficienza e sostenibilità, evitando di penalizzare lo Stato centrale e preservando i vincoli di solidarietà tra le diverse aree del Paese. La lezione che possiamo trarre da questa vicenda è chiara: l’autonomia differenziata non deve diventare un terreno di scontro ideologico, ma un’opportunità per rafforzare il sistema Paese, valorizzando le specificità territoriali senza mettere a rischio la coesione nazionale. È una sfida che richiede pragmatismo, competenza e senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche. Il nostro obiettivo deve essere quello di costruire un’Italia più forte e solidale, in cui le autonomie locali non siano mai percepite come una minaccia all’unità del Paese, ma come strumenti al servizio del bene comune. Solo così potremo rispondere alle aspettative dei cittadini, garantendo sviluppo economico, giustizia sociale e stabilità istituzionale».
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